Condizioni detentive

Compagna Italiano

Luglio 2023:

Scriviamo questo breve testo di aggiornamento circa la situazione degli arresti di Budapest, in particolare della compagna italiana attualmente detenuta. Per un approfondimento circa il contesto rimandiamo al testo precedentemente circolato.
Ad ora permangono in carcere nella città di Budapest sia il compagno tedesco che la compagna italiana, arrestati entrambi a febbraio 2023. Con il trascorrere del tempo e una serie di confronti con il collegio difensivo ungherese si è faticosamente giunti ad un quadro certo dello stato attuale, che differisce in alcune parti dalle informazioni precedenti.
 
Attualmente, infatti, la compagna italiana è l’unica detenuta per una presunta partecipazione agli episodi nei quali sarebbero rimasti feriti alcuni militanti nazisti. Gli episodi, tutti avvenuti nei giorni precedenti alla “Giornata dell’onore” di Budapest, sarebbero cinque; di questi gli inquirenti mirano a provare che la compagna possa aver preso parte a due, escludendo il primo per cui era stata accusata e aveva presentato i biglietti aerei che provano la sua assenza sul territorio ungherese. Il compagno tedesco non sarebbe, ad ora, detenuto direttamente per i cosiddetti attacchi di quei giorni, ma per una sua presunta partecipazione all’interno di un’associazione a delinquere internazionale che gli inquirenti mirano a costruire. Le accuse sono quindi piuttosto diverse, con ovviamente pene molto diverse nel caso in cui fossero riconosciuti colpevoli dalla giustizia ungherese. In entrambi i casi le indagini sono ancora in corso, ma sappiamo che i termini della custodia cautelare per la compagna italiana sono di 4 anni. La pena definitiva in caso di condanna andrà invece dai 2 ai 12 anni di carcere.
Ricapitolando la compagna italiana è l’unica detenuta per i fatti di violenza e le tempistiche di custodia cautelare possono essere ancora molto lunghe.

Maggio 2023:


Come già comunicato, dopo un primo periodo difficile, la permanenza in carcere risulta migliorata; riceve periodicamente i pacchi tramite l’ambasciata con grossomodo tutto quello che richiede, i rapporti con le concelline sono molto buoni e dispone di un cellulare con il quale può contattare a piacimento i suoi avvocati ungheresi e l’ambasciata. Purtroppo, rimangono ancora interdetti i colloqui con la famiglia e gli amici e di conseguenza qualsiasi tipo di comunicazione e corrispondenza per un fantomatico rischio di inquinamento probatorio. Tanto gli avvocati quanto l’ambasciata si stanno muovendo per sbloccare questa situazione ma non si sa né se né quando sarà possibile avere contatti più diretti con lei. Tramite gli stessi avvocati siamo comunque costantemente aggiornati sul suo stato psicofisico, ad ora buono, e sull’evolversi del caso giudiziario.
 
Nel corso dei prossimi mesi verrà presentata un’istanza di detenzione domiciliare sul suolo italiano, anche se difficilmente verrà accettata dalle autorità locali poiché, data l’entità dell’accusa, non è nel loro interesse che lasci il territorio ungherese. Contestualmente il 14 giugno è stata prolungata la carcerazione fino al 14 agosto, data nella quale gli avvocati presumono che verrà ulteriormente rinnovata, tenendo presente le prove indirette finora raccolte dalla polizia. Sempre nel mese di agosto arriverà il risultato di un test antropometrico, richiesto dall’accusa

La detenzione in Ungheria prevede la possibilità di ricevere lettere, telegrammi, soldi, alimenti o indumenti, solo da persone direttamente registrate e autorizzate ai colloqui. Per questo motivo per tutto il primo mese di detenzione entrambi non hanno ricevuto neppure il pacco di prima necessità e hanno dovuto arrangiarsi con i vestiti che indossavano. Attualmente il compagno tedesco è autorizzato ai colloqui con i genitori e può dunque comunicare con loro via telefono o skipe e ricevere beni di prima necessità e lettere. La compagna italiana ha inizialmente ricevuto l’autorizzazione a comunicare con i genitori e con il legale italiano, autorizzazione però revocata subito dopo la prima telefonata. Da allora ha un telefono in cella ma non è autorizzata a comunicare con nessuna persona differente dal suo avvocato ungherese e dal funzionario di collegamento dell’ambasciata italiana. Un primo ricorso contro questa decisione è stato respinto, dunque tutto lascia pensare che nei prossimi mesi la sua detenzione continuerà senza possibilità di colloqui e di contatti con l’esterno, se non mediati dall’avvocato del posto. Allo stesso modo anche noi qui fuori, privati di canali diretti con lei, dobbiamo affidarci ad informazioni riportate indirettamente, con tutte le difficoltà che questo comporta nella costruzione della solidarietà. In ogni caso sembra stia bene e, nonostante le difficoltà dei primi mesi di detenzione, ora la situazione appare migliorata. Il primo pacco è stato consegnato e le condizioni detentive sono diventate meno gravose da quando non è più isolata e condivide la cella – non più infestata dalle cimici – in compagnia di una detenuta con cui ha stretto un buon rapporto. Queste novità l’avrebbero portata alla decisione di non sollevare pubblicamente sui media locali il caso della propria situazione detentiva, come in un primo tempo le aveva invece suggerito di fare l’avvocato.


Nell’immediato i mezzi di informazione ungheresi hanno trattato la notizia degli arresti con un certo clamore, col passare delle settimane invece l’attenzione è scemata e il caso sembra al momento seguire procedure ordinarie, per quanto lente e arbitrarie possano apparire. La stessa lentezza nella consegna del pacco di prima necessità e le pessime condizioni sanitarie delle celle non sono da considerarsi frutto di un accanimento personalizzato, ma piuttosto normale amministrazione delle carceri ungheresi.

Nell’immediato i mezzi di informazione ungheresi hanno trattato la notizia degli arresti con un certo clamore, col passare delle settimane invece l’attenzione è scemata e il caso sembra al momento seguire procedure ordinarie, per quanto lente e arbitrarie possano apparire. La stessa lentezza nella consegna del pacco di prima necessità e le pessime condizioni sanitarie delle celle non sono da considerarsi frutto di un accanimento personalizzato, ma piuttosto normale amministrazione delle carceri ungheresi.